Michela Invernizzi

In natura non esistono due cose uguali a se stesse: non esiste un momento uguale ad un altro, non esiste una produzione in serie. In natura non c’è la stabilità delle norme, le forme perfette, l’inequivocabilità di una posizione. Quando un elemento si specchia, il riflesso è sempre distorto, rifratto, deformato. Non si è mai due volte allo stesso modo, non ci si conosce mai per due volte uguali. E’ quindi naturale l’identità? Come fare a scoprirla? E’ liquida forse la nostra natura? E come possiamo abbandonarci al flusso, come possiamo non avere certezze, geometrie pulite, punti fermi? Cosa è innaturale?
Ida è un giovane laureato in storia, vive in Italia, cerca lavoro. Si pone domande su chi sia veramente, si stupisce della naturalezza con cui vengono stabiliti dei canoni. Desidera un ordine, una stabilità, e allo stesso tempo teme, una volta guadagnateli, di sentirsi ingabbiato. I tessuti che indossa sono naturali, lavorati con materiali naturali, ma seguendo procedimenti tradizionali; si sente particolarmente a suo agio elaborando ed indossando indumenti tinti con la tecnica shibori, che esalta la regolarità senza pretendere la coerenza di ogni forma.
Il personaggio di Ida si racconta nel contesto di un corto cinematografico, o di un video musicale. La forma della narrazione deve essere ibrida, ambigua, non fissa in un solo genere, si deve dare spazio alla creatività espressiva del personaggio, senza ridurla entro schemi prefabbricati.

