Scacco matto: giochi, immaginazione, iperrealtà della moda

Alessia Michelini

Reinventarsi è un mantra, giocare un inno alla vita. Il tema del gioco è da sempre uno degli elementi primari attorno al quale la moda ruota, in quanto essa stessa è trasformazione, maschera, divertimento, eccesso. 
Già Maria Antonietta, figura iconica della fine del Settecento, amava travestirsi e partecipare al Carnevale di Parigi senza essere riconosciuta, come allo stesso modo gradiva proporre balli in maschera dove indossava vestiti esageratamente sfarzosi o al contrario scioccanti abiti da “contadina” come la chemise à la reine, capo divenuto poi rivoluzionario.

Questo tipo di atmosfera è stata ripresa da diversi designer, tra cui John Galliano che, durante la sua collaborazione con Dior, ha concepito il momento della sfilata come un vero e proprio spettacolo al termine del quale si presentava al pubblico vestito con bizzarri travestimenti. Da ricordare la sfilata della collezione primavera-estate 1998, nel foyer dell’Opéra di Parigi, concepita come una festa in costume dai vestiti eccentrici, e la collezione autunno-inverno 1998-1999 Diorent Express con tanto di abiti da Pocahontas mescolati a fogge dall’influsso rinascimentale e vestiti orientaleggianti. 

Il gioco è scherzo, burla, passatempo e la moda ne riprende i modi, tanto nel suo concetto ludico quanto nella sua accezione spassosa e visionaria. Gli stilisti del momento sono però anche in grado di enucleare il valore pop del gioco nella cultura mediatica e di massa tramite richiami a balocchi, cartoni animati e fumetti. Inoltre, dal momento che il mondo virtuale sta sempre più inglobando parti della nostra vita anche la ludicità della moda ha dovuto riadattarsi alle nuove frontiere comunicative, riversandosi in veri e propri videogiochi.

Alex Haney/Unsplash.com

Louis Vuitton nella Collezione Game on unisce il monagram della Maison ai semi delle carte da gioco dando vita a geometrie colorate e stampati maxi su borse, giacche, t-shirt e gonne. La casa di moda, in realtà già da tempo si era avvicinata, seppur in modo diverso, a questo tipo di clima, nella collaborazione con Takashi Murakami, che aveva dato vita alla linea Cherry Blossom del 2003, con il motivo dominante delle ciliegie, monografia multicolore d’ispirazione quasi pop, e l’iconico panda colorato disegnato dall’artista giapponese. 
Recentemente anche Gucci ha ripreso il filone manga firmando una collaborazione con Doraemon per festeggiare il Capodanno Cinese. Da una moda carnevalesca e trasformativa, allora passiamo ad un gioco immaginario dove reale e fittizio si intrecciano dando vita a collezioni che riprendono scherzosamente personaggi iconici del mondo dei cartoon, comics e della cultura di massa. Il New York Times in un articolo del 2017 ha scritto che secondo Edited, società che monitora l’analisi di oltre 90.000 marchi e rivenditori, il numero di articoli di abbigliamento e accessori relativi a Disney è aumentato tra la prima metà del 2015 e il 2017 del 150%[1]: Givenchy stampa su magliette e borse il cerbiatto Bambi; Vans, Adidas, Desigual, Supreme, Levi’s aprono le porte a Topolino, Gucci crea una collaborazione con Disney attualmente orientata verso Donald Duck. Jeremy Scott invece, nella sua prima collezione 2014 per Moschino, ha inserito Spongebob mentre Prada nella collezione primavera 2018 ha presentato una linea ispirata ai fumetti che ritraggono donne emancipate in stile manga, punk e fantascientifico.  

Interessante anche il fenomeno del Fashion gaming, nuova frontiera nel business della moda. Sicuramente l’aumento dei dispositivi elettronici e il nostro universo ipervirtuale ha costretto molti brand di moda ad orientarsi verso il mondo dei videogiochi. Da Gucci a Valentino fino a Marc Jacobs e Moschino, la moda del momento sembra imporsi più sugli schermi dei giochi virtuali che nelle riviste. Burberry nel 2019 ha lanciato addirittura il suo primo online game. Da un paio d’anni, i personaggi di The Sims, Animal Crossing, League of Legends, Tennis Clash hanno iniziato ad essere vestiti dai marchi di lusso. I luxury brand sono destinati a proiettarsi sempre più nel mercato dei videogiochi free to play che, secondo Jefferies, società di investiment banking, conta già di 2,4 miliardi di dollari di entrate stimate nel 2018 [2].

Balenciaga videogame “Afterworld: The Age of Tomorrow”

Analizzando questa tendenza, è visibile uno spostamento della moda verso settori nuovi ed inesplorati, una sorta di ampliamento dei propri orizzonti in maniera tale da coinvolgere anche fasce decisamente diverse dai classici buyers. Inoltre, è bene notare che da diversi anni sono sempre più i giovani a dirigere il mercato, per cui diversi brand stanno cercando strategie per dirigersi verso un pubblico fresco che si diverte giocando online. La comunicazione sulla quale questi brand si incentrano è quella di una moda decisamente grafica, colorata quasi fluo, monografica ed unica. L’esclusività dei brand allora, non si gioca più sul prezzo, sulle stoffe o raffinatezza della fattura ma sul fare parte di una comunità virtuale che aderisce a quel particolare sistema di gioco. Balenciaga, nella collezione autunno 2021 dal titolo Afterworld: the Age of Tomorrow, segue il filone del virtuale tramite la ripresa di capi dallo stile cyber e dal gusto quasi dark-punk che ricorda molto l’universo informatico di Matrix. La compenetrazione vita-virtuale è sempre più pregnante in tutti i segmenti della nostra vita, tant’è che nel 2019 è nato addirittura il neologismo onlife.

Come diceva Baudrillard, la nostra è sempre più una società simulacrale, dove il gorgo dell’iperrealtà ha come unico codice di riferimento la simulazione. La dimensione del reale è spesso sovrastata dalla dimensione virtuale dove il simulacro precede la realtà stessa. Sgargiante, ironica, goliardica, esuberante, la moda, che è sempre al passo con i nostri tempi, ha ben capito questa logica, ed è riuscita a farsi carico dell’esigenze del nostro mondo iperconnesso, ricercando un dialogo con questa nuova frontiera della comunicazione, senza smettere di giocare.
Note
[1] https://www.nytimes.com/2017/09/08/fashion/snoopy-peanuts-oscar-de-la-renta-monse-ashley-biden.html
[2] https://www.jefferies.com/OurFirm/2/1557

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