La rapsodia estetica di Alessandro Michele

Vincenzo Piccolo

L’estetica del designer romano propone una moda che supera le frontiere, celebrando semplicemente la libertà.

Ognuno di noi, quando pensa all’estetica, associa automaticamente questa parola a quelle pratiche volte alla cura del bello, il bello come concetto ideale. In questo caso, invece parleremo di quell’estetica che valica i confini tra naturale e non, quella proposta negli ultimi anni da Alessandro Michele direttore creativo di Gucci. Un’estetica che sta riscrivendo i canoni della moda contemporanea.

L’estetica si occupa della conoscenza del bello naturale o artistico e nelle collezioni di Michele questa conoscenza del “bello” si concretizza sfruttando il binomio ‘incontro-scontro’ tra realtà che stimolano l’attenzione dello spettatore sfruttando i contrasti. Usando i codici del cinema, della letteratura, della storia antica, fino ad arrivare all’idea del bello tipico dell’estetica neoclassica, il designer costruisce un immaginario che riesce ad abbracciare ogni sfaccettatura della società contemporanea. Le sue creazioni racchiudono un senso profondo, e intimo, di libertà, una caratteristica che è divenuta col tempo la sua cifra stilistica. Approdato in Gucci questo senso estetico squisitamente libertino, si è tradotto in un immaginario opulento e oculato, rivoluzionando e ridefinendo l’immagine del brand fiorentino. Michele è diventato un esteta innovativo, riconosciuto in tutto il mondo (è stato anche tra gli ospiti d’onore al MetGala 2019, ndr), che ha tracciato i nuovi limiti dell’eccentricità rendendola una norma, ormai, mai fine a se stessa. È uno di quei designer colti e curiosi, che riesce a trasformare in moda tutte le sue ossessioni più geniali, portandole al successo. Difficile, quindi, trovare una definizione univoca che racchiuda tutto il suo universo, perché è tutto il contrario di tutto! I suoi modelli valicano i limiti del naturale e non, restando completamente indefiniti. Sotto l’egida di Karl Lagerfeld matura la sua educazione al bello. Grazie al genio del Kaiser, Michele assorbe un modus operandi che gira intorno alla ricerca continua dell’ispirazione. In un calderone ineguagliabile di stimoli fatti di tessuti, arte, libri e musica dove la regola era una ed una sola: la libertà più assoluta. L’idillio di questo tipo di personalità, estrose e controverse, è proprio quello di vivere immersi del caos divino in cui la creatività trova sempre nuove formule da sperimentare, tanto da diventare l’unico comandamento da seguire, in un credo tutto personale. Riguardo alla creatività lo stesso stilista aveva detto qualche anno fa:” Io non so bene cosa sia questa parola, creatività. L’espressione di un punto di vista. Ho pilotato tutta la mia vita esprimendo un punto di vista. Anche nelle mie cose personali, nella mia casa, nelle mie passeggiate. Ho sempre idea di voler dare voce a quello che vedo nella mia testa.”. Quindi il punto di partenza per Alessandro Michele è sempre un’idea di moda volutamente imperfetta che nasce dalla mescolanza di elementi diversi e apparentemente lontani. È il pensare astratto, il fluire del pensiero libero, associazioni mentali anche in questo caso prive di ogni organizzazione e struttura logica. Come direbbe un famoso studioso di estetica Jean – Francois Lyotard per esempio in Rapsodia Estetica:” si deve pensare senza concetto, come non fosse altro che pensare qualcosa significa concepire. Si deve dipingere senza oggetto, in tutti i sensi di questa parola”. 

”La provocazione di un immaginario collettivo è sempre impresa inumana, non solo perché il sogno essenzializza la vita come destino ma anche perché il sogno è povero ed è la cauzione di un’assenza”, sono le parole di Barthes in Miti d’Oggi, la Bibbia di chi, come Michele, si occupa di scuotere le fondamenta dell’estetica contemporanea. La provocazione, del resto, è pane quotidiano per l’enfant terrible della moda, capace di risollevare le vendite del marchio e di renderlo onnipresente sui red carpet. Perfino sul palco dell’Ariston durante il festival di Sanremo, kermesse italiana conservatrice per eccellenza, è riuscito monopolizzato l’attenzione di milioni di italiani vestendo Achille Lauro da Regina Elisabetta I, Marchesa Casati e David Bowie: la tutina glitterata della prima esibizione è diventata di culto nel tempo di una notte. Insomma Alessandro Michele ha letteralmente sovvertito i codici che nella moda hanno sempre avuto fortuna, scrivendo nuove pagine di quel libro che è la “storia della moda”, non solo Italiana, perché Gucci è più che internazionale. Partendo dai capi d’abbigliamento a chi li indossa in passerella, volendo parlare di Armine Harutyunyan, l’ultima modella scelta da Gucci che continua ad alimentare discussioni tra estetica, sociologia ed economia, ha mostrato ancora una volta quanto sia semplice e immediato parlare del sistema moda, se si rompono i “modelli standard”.

Per Orlan artista e performance francese ,«la bellezza è il prodotto dell’ideologia dominante», che corrisponde alle immagini da cui veniamo letteralmente travolti ogni giorno. Ma cosa accade quando chi, proprio all’interno di ciò che oggi potremmo definire «ideologia del marketing», osa tanto da sovvertirne le regole? Allora il merito ultimo di Alessandro Michele è quello di aver avuto l’ardire di prendere un marchio di fama mondiale, un medium di massa del sistema moda, e sovvertirne i classici canoni estetici. Ha soddisfatto sogni e bisogni di chi voleva sentirsi libero di indossare un abito, avendo la sicurezza di esprimere se stesso al meglio, dando loro i mezzi per dar voce ai più disparati aspetti della personalità di ognuno. È la regola base, che ci viene insegnata fin da bambini: il mondo è bello perché è vario!


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