La giungla urbana di Akram Khan al ReF

Sara Spiro


Akram Khan Company – Jungle Book Reimagined
Akram Khan è un maestro nell’unire danza, animazione, letteratura, studi di genere con dinamiche sociali e politiche. Lo fa egregiamente in Jungle Book Reimagined, andato in scena di recente al Romaeuropa Festival.
La catastrofe ambientale ormai alle porte fa da sfondo al mondo immaginario e distopico di una giungla urbana dove gli animali sono fuggiti da zoo, laboratori e circhi per occupare le aree evacuate dagli umani a causa dell’innalzamento del livello dei mari che inghiotte le città.

©Ambra Vernuccio

La vicenda riprende il Libro della Giungla di Rudyard Kipling, e narra la storia di Mowgli, una giovane ragazza separata dalla famiglia e salvata dall’annegamento da alcune balene, che viene accolta da un branco di lupi, proprio come nella storia di Kipling. Fa amicizia con Baloo, un simpatico orso danzatore, e con la pantera Bagheera. Successivamente, Mowgli viene rapita dai Bandar-log, scimmie evolute provenienti da laboratori umani di sperimentazione. Nel frattempo, si insinua la minaccia di un cacciatore umano, che mette in pericolo la sopravvivenza dell’ecosistema animale. Dopo una serie di peripezie vissute da Mowgli, la ragazza decide di rimanere con i suoi nuovi amici animali per combattere la brutalità e il dominio dell’uomo sulla natura.

©Ambra Vernuccio

Per rappresentare la storia di Mowgli, Khan si avvale di diversi mezzi di comunicazione. Adam Smith e Nick Hillel di YeastCulture, che hanno già collaborato con Khan in Chotto Desh, hanno creato animazioni digitali ad hoc che mostrano flashback sulla catastrofe ambientale e sul passato della protagonista con sua madre, oltre a illustrare molti degli animali presenti. Spiccano i disegni piuttosto realistici degli elefanti, mentre l’assemblea dei Bandar-log è rappresentata in modo ironico in una sorta di arena, dove le scimmie applaudono senza neanche riflettere sulle parole del loro leader. I sovratitoli del testo scritto e recitato in lingua inglese funzionano bene come supporto della danza e delle immagini – benché disordinati e dispersivi, anche a causa di una traduzione frammentaria e non sempre impeccabile.
Nonostante la singolarità di ogni mezzo abbia un’ottima resa e un livello qualitativo alto, l’insieme di danza, musica e scenografia potrebbe risultare sovraccarico.
Le proiezioni digitali richiedono che l’azione sul palco si svolga dietro un telo semitrasparente con funzione di schermo, e nemmeno l’illuminotecnica di Michael Hulls ha salvato l’ambientazione da un’oscurità generalizzata in cui spesso si fatica a vedere i danzatori stessi.


La coreografia di Khan risulta sicuramente la parte migliore ed emozionante della performance.
Le numerose sequenze di danza di gruppo sono dei punti salienti nella narrazione, con i dieci ballerini sempre perfettamente coordinati.
La bravura e la tecnica di ciascun danzatore permettono una forte caratterizzazione dei personaggi. In particolare, Tom Davis-Dunn, nel ruolo di Baloo, rende in modo eccezionale l’andatura e la postura di un orso, ricordando il personaggio nel cartone animato Disney. Holly Vallis, interpretando Bagheera, ha portato eleganza e agilità al ritratto della pantera con movimenti aggraziati su quattro zampe. Max Revell, vincitore nel 2019 del BBC Young Dancer, ha dato al capo Bandar-log una particolare qualità di movimento, influenzata dalle sue abilità nel hip-hop. Pui Yung Shum ha offerto una performance coinvolgente e sfaccettata nel ruolo del giovane Mowgli, esprimendo vulnerabilità, determinazione e forza.

©Ambra Vernuccio

La creazione di Akram Khan non poteva dunque vedere la luce senza l’apporto dei singoli ballerini, tanto diversi fisicamente, stilisticamente ed espressivamente che una volta messi insieme portano in scena una vera e propria storia coi loro corpi.
La danza risulta di per sé significativa; peccato per il testo e il voice over – in questo caso la famosa frase less is more risulta vera – a volte superflui e fastidiosi.
Con Jungle Book Reimagined il coreografo mostra l’inevitabile intreccio tra arte e questioni sociopolitiche.
La potenza della danza consiste nell’essere globalmente riconosciuta, ed è proprio quello che fa Akram Khan: assistere alle sue opere e alla sua fantastica compagnia fa bene agli occhi.

Regia / Coreografia Akram Khan
Coach / Creativo associato Mavin Khoo
Scrittore Tariq Jordan
Consulente drammaturgico Sharon Clark
Compositore Jocelyn Pook
Sound Designer Gareth Fry
Lighting Designer Michael Hulls
Visual Stage Designer Miriam Buether
Art Direction e Direttore dell’animazione Adam Smith (YeastCulture)
Producer/Direttore Video Design Nick Hillel (YeastCulture)
Rotoscope Artists/Animators Naaman Azhari, Natasza Cetner, Edson R Bazzarin
Direttore prove Nicky Henshall, Andrew Pan, Angela Towler (Tour)
Danzatori Maya Balam Meyong, Tom Davis-Dunn, Harry Theadora Foster, Thomasin Gülgeç, Bianca Mikahil, Max Revell, Matthew Sandiford, Pui Yung Shum, Elpida Skourou, Holly Vallis, Jan Mikaela Villanueva, Luke Watson

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